- 01/12/2023
- Francesco Verde
- XVIII (2023), 2
- Recensione
Le generazioni di studenti e studiosi più giovani che operano in Italia e che si occupano di filologia, di storia della filosofia o di filosofia sono spesso poco (o per nulla) consapevoli della inestimabile ricchezza e della immensa varietà che la nostra tradizione di studi storici, filologici, letterari e, naturalmente, filosofici possiede. Questo, a mio parere, è un dato di fatto parecchio preoccupante che si è intensificato negli ultimi decenni. Esso è dovuto a più ragioni, non da ultimo – senza, per questo, voler abbracciare alcuna forma di volgare nazionalismo – per un perverso senso di esterofilia negli studi che porta non di rado perfino a disprezzare ciò che è o che è stato scritto nella nostra lingua. Questa situazione, a ben vedere, non solo è preoccupante ma è anche drammatica. La ragione è semplice: se non si risveglia l’interesse profondo per la nostra tradizione culturale – e questo può essere fatto rendendo materialmente disponibili nelle librerie fisiche e online (e non solo in quelle antiquarie di certo non frequentate dai più) gli scritti di questi notevoli intellettuali – questa è ineluttabilmente destinata all’oblio, non, si badi, un oblio transeunte ma assoluto e definitivo.