- 01/04/2009
- Alessandro Aprile
- V (2009)
- Recensione
Il 1 luglio 2001 apparve un importante documento della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo: Nota sul valore dei Decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev. do Sac. Antonio Rosmini Serbati. Esso esponeva i motivi e il senso del decreto di condanna Post obitum che il 14 dicembre 1887, reso poi pubblico solo il 7 marzo 1888, aveva colpito Antonio Rosmini (1797-1855). La Nota, pur confermando «la validità oggettiva» della condanna, spiegava che la chiave di lettura del pronunciamento era la cautela per un possibile uso erroneo di argomenti e metodi da parte di seguaci od avversari del Roveretano e dichiarava «ormai superati i motivi di preoccupazione e di difficoltà dottrinali e prudenziali, che» avevano «determinato la promulgazione del Decreto Post obitum di condanna delle “”Quaranta Proposizioni” tratte dalle opere di Antonio Rosmini». Per la Nota la condanna era stata insomma non un pronunciamento d’autorità che stabiliva l’eterodossia del pensiero rosminiano, ma una forma di prevenzione da parte della gerarchia cattolica nei confronti del Servo di Dio, come da subito fu chiamato Rosmini, affinché il suo pensiero filosofico non fosse oggetto di «interpretazioni in chiave idealistica, ontologistica e soggettivistica», a causa di «ambiguità, equivocità e difficile comprensione di alcune espressioni e categorie».