- 01/04/2009
- Emanuela Giacca
- V (2009)
- Recensione
Di fondamentale rilievo per l’evoluzione delle tendenze negli studi italiani in materia di filosofia della religione – oltre che per la riflessione sui risvolti teorici delle contemporanee vicende in tema di laicità, religione ed etica – è il volume, uscito nel dicembre 2008 a cura di Hagar Spano (Segretario dell’Associazione Italiana di Filosofia della Religione), che raccoglie i contributi presentati nel corso del VII Convegno annuale dell’Aifr tenutosi a Napoli il 20 e 21 giugno dello stesso anno. Sua ispirazione fondamentale è la necessità di rispondere alle sollecitazioni critiche e alle istanze definitorie «che provengono con sempre maggiore insistenza dal dibattito filosofico e culturale» (p. 9) su integrazione multiculturale, tolleranza e laicità. Come rileva nell’Introduzione Hagar Spano, il complicarsi del panorama terminologico, la variabilità delle sfumature semantiche del termine “laicità” e lo statuto, delineatosi nel dibattito pubblico, di categorie come quelle di “laicità” e “laicismo” denunciano l’emergere di una tendenza, restituita nei termini di una «rivincita del religioso» (p. 8), che merita «di essere tenuta in seria considerazione» (ibid.). Dettato da pressanti urgenze pratiche (le discrasie legate alle ultime evoluzioni tecnoscientifiche, mediche e culturali), il dialogo sulla laicità viene qui articolato su un livello «“neutrale” e filosoficamente rigoroso» (p. 4), che consente di mettere in campo tutta la complessità dei suoi importi sul piano individuale e comunitario. Continuità di tematiche e varietà di impostazioni caratterizzano a nostro parere il dibattito restituito nel volume, che, per la sua ricchezza e per il compatto incedere delle questioni, ci permette di articolare un variegato quanto plurale panorama di studi e di interessi problematici. In una fertile interazione dialogica si snodano le linee di una valorizzazione del religioso e del suo ruolo integrativo, pensato volta a volta come simbolico, culturale, o, più profondamente, come nucleo di significato e “donazione di senso”, o, ancora, come “principio di civiltà” e parte del fondamento irriducibile dello Stato liberale. Dalla necessità, fenomenologico-ermeneutica potremmo dire, di cogliere e preservare l’autenticità dei vissuti, di quello religioso in particolar modo, si origina così il tentativo di un potenziamento dell’apporto che l’esperienza religiosa, per la sua carica “affettiva” e simbolica, sempre tributa al vivere civile e laico: la difficile compossibilità di vissuto religioso e vissuto laico riproduce allora la problematicità, da sempre sussistente, della conciliazione tra il lato – in certa misura irriducibile, pena una sostanziale perdita di senso – rappresentativo e positivo delle religioni e il nucleo razionale – laicamente traducibile – della religione. Perennemente in bilico tra originarietà e caduta nell’inautentico, il vissuto religioso si districa parimenti tra universalità (o traducibilità) e individualità (o irriducibilità): nello sforzo di ripensare il suo inserimento nella vita pubblica e civile, qual è quello restituito nel volume, si manifestano i rischi e i risvolti in cui sempre incorre il tentativo di pensare il religioso, e di articolarlo comunicativamente – al di là dell’esperienza individuale – nell’ambito universale della vita in comune.