- 01/04/2006
- Giacomo De Liquori
- II (2006)
- Recensione
L’ausilio che carteggi ed epistolari offrono alle ricerche storiche e filologiche è cosa risaputa e ribadita non soltanto da tutti gli specialisti della archivistica, della biblioteconomia e della storiografia in generale, quand’anche dai biografi e dagli esegeti della letteratura, del pensiero filosofico e scientifico. Ma tale ausilio per la ricerca e la ricostruzione accurata di teorie, scelte, atteggiamenti dei personaggi di volta in volta presi in considerazione dalla storiografia, non va nel senso che gli epistolari riflettano direttamente e obbiettivamente la realtà, quanto piuttosto nella direzione di aprire nuove questioni e prospettive con cui approfondire e sfaccettare la conoscenza dei personaggi stessi, dei protagonisti, in definitiva, di tutta la vita culturale e sociale dell’umanità. Correttamente definita «fonte di eccezionale importanza», essa va usata con cautela: storicizzata per prima cosa, (lo ribadì in più occasioni e lo insegnò autorevolmente dalla cattedra, un maestro come Eugenio Garin) va sempre sottoposta «a un rigoroso esame critico che la ricollochi a sua volta nel preciso contesto in cui è nata». Una tale fonte può finanche, nei casi in cui tali cautele non si fossero usate, portare a vistose deformazioni della realtà, a sue contrazioni quanto a sue illegittime enfatizzazioni, se non addirittura a vere e proprie contraffazioni (1).